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mauro paternò?!

14 dicembre 2006

Ci risiamo coi capricci

Stavolta tocca ad Alfonso Lopez Trujillo, il Presidente del Consiglio Vaticano per la famiglia, mica un cardinale qualunque, dire che gli omosessuali che sentono la necessità di una forma di riconoscimento legale alle proprie unioni non hanno un'esigenza legittima, bensì un "capriccio", quasi fossero dei bambini riottosi che non vogliono andare a letto quando giungono le nove di sera. "Non fare i capricci", diceva la mamma...
Proprio l'equivalente con tunica di genitori rompicoglioni, questi prelati paternalisti, che obdurano nella negazione di diritti legittimi, insistendo nel tacitare chi non la pensa come loro e nel cercare di precludere a tutti la possibilità di scegliere e di decidere per sé.
Proprio come fanno i genitori con i figli minori, ancora legalmente incapaci di intendere e di volere.
Indigna ancora di più questa notizia, perché il modo di liquidare, minimizzandola a capriccio, una urgenza generalmente sentita in una fetta consistente della cittadinanza, è identico a quello utilizzato poco tempo fa dall'ex Presidente del Senato, quello della Legislatura Più Lunga Della Storia Della Repubblica (nonché la più triste) che avrebbe dovuto essere figura imparziale e garante di tutti i cittadini...
Un flashback agghiacciante.

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2 commenti:

Anonimo ha detto...

a me sembra capriccio equiparare ciò che in rerum natura non è uguale ovvero forzare la realtà alla dittatura del desiderio oltre al fatto che il matrimonio dà diritti ma anche doveri e i gay vorrebbero solo diritti

mauro_paternò, of course! ha detto...

"In rerum natura" l'omosessualità esiste ed è sempre esistita, non si può negare, via...
Temo più la dittatura teocon che si va sempre più delineando in questo Paese: per me è dittatura negare diritti ad alcuni in ragione di un modo di considerare l'omosessualità come se fosse una devianza e non come un'inclinazione naturale. Come una malattia, quasi.
E chi considera l'omosessualità una malattia, le nega qualsiasi diritto di cittadinanza, perché considera sé stesso sulla "retta via", che diventa quindi l'unica "giusta", l'unica percorribile legittimamente per tutti.
Voler impedire ai "deviati" omosessuali, di vedere riconosciute le proprie unioni (e nessuno credo abbia mai parlato di soli diritti) non vuol dire equiparare il matrimonio eterosessuale alle unioni omosessuali, ma soltanto garantire a queste ultime un minimo di tutela giuridica e di riconoscimento, allo stato negato per remore catto-cattoliche. ;-)
Con buona pace dell'art. 7 comma 1 della Costituzione.