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mauro paternò?!

22 agosto 2007

I bambini, perché nessuno pensa ai bambini!



Questo il costante grido accorato della moglie del reverendo Lovejoy dei Simpson, che interrompe ogni dibattito, quasi sempre a sproposito, ogniqualvolta la cittadinanza discute con fervore di qualche pressante problema.
I Simpson, stando alla notizia che ho letto oggi, si rivelano sempre più uno specchio della società contemporanea, non soltanto americana, ma anche italiana. Possibile che tanta precisione di pennello risieda in un semplice cartone animato della Fox?

Sembrerebbe di sì, perché oggi ho letto che il Moige (Movimento Italiano Genitori - “dedicato a tutte le Mamme ed i Papà impegnati nella tutela e crescita dei loro frutti più preziosi: i figli”) gruppo di solerti genitori animati, fra i tanti, anche dal proposito di tenere indenne la propria prole dalla devastante influenza del mezzo televisivo (proposito quanto mai encomiabile, peraltro) ha iniziato una polemica con Mediaset in merito alla programmazione, da parte di quest'ultima, per domenica 26/08/2007 alle 21,20, del film Eyes Wide Shut del compianto Stanley Kubrick. L'articolo di Repubblica si può leggere per intero qui.
I signori di questa associazione onlus (o quello che è) argomentano, per giustificare la propria opposizione alla programmazione, che gli occhi dei loro figlioletti non possono vedere, a prescindere dal valore artistico del film, scene di feste con orge, scambi di coppie, tradimenti, ecc.

Accidenti, mi sono detto quando ho letto la notizia. Ma questi fanno sul serio?

Forse mi ricorderò male io, ma mi pare proprio che, quando ero piccino, alle 21,20 (ora in cui il film è in programma) ero a letto da tre quarti d'ora. Quando, in seguito, a quell'ora ottenni il permesso di stare alzato, non potevo comunque guardare quello che volevo. Ogni volta che guardavo la televisione di sera, con me c'erano i miei genitori che selezionavano preventivamente ciò che avremmo guardato, in modo da evitare che il mio cervellino fosse turbato da immagini non adatte a quell'età. Se c'era qualche immagine o scena forte, mi spiegavano che cosa significava, perché era stata rappresentata, quale fosse l'intento dell'autore nell'inserirla.
Questo fino a quando non hanno reputato che fossi abbastanza maturo per giudicare da solo.
Questo è ciò che il buon senso suggerisce di fare, la condotta che tutti i genitori ragionevoli tengono. Tranne che per quelli del Moige.
Che sostengono che, poiché d'estate le scuole sono chiuse, i loro pargoli tirano tardi davanti alla televisione, non essendo assillati dai pregnanti impegni scolastici e dalle necessarie sveglie ad orari antelucani.
Evidentemente, la ragionevolezza non rientra tra le doti dei zelanti membri del Moige, dato che pretendono l'esilio del programma in orari notturni, per evitare che i loro figli lo vedano.
E questi apprensivi genitori cosa fanno la domenica sera tra le 21,20 e le 23,00, lasciano i propri bimbi da soli davanti alla televisione (mentre loro magari si incontrano con altri genitori modello, a scrivere accorate lettere di protesta con cui tediare chi cura le programmazioni delle reti televisive)? Voglio sperare di no, staranno a casa anche loro. E allora che cavolo ci stanno a fare questi genitori? Evidentemente sono troppo assillati dalle problematiche della pedagogia applicata ai media per occuparsi dei propri figli e, conseguentemente, non hanno trovato niente di meglio da fare che delegare al medium televisivo le proprie pressanti responsabilità pedagogiche. Parcheggiano i figli da soli davanti alla tv, insomma, in orari in cui, si sa, la programmazione è destinata ad un pubblico adulto, non c'è altra spiegazione.
Fin qui, se stessero zitti, poco male.
Ma, ed è questo il peggio, questi parlano, urlano, strepitano, pretendendo che siano le reti televisive ad educare i figli al posto loro.

E poi, perché prendersela solo con Kubrick in prima serata? Perché non si occupano anche dei cartoni animati (l'altra sera Jerry il topo ha fracassato i denti di Tom con una mazza da baseball e gli ha cacciato un candelotto di dinamite in bocca e ha commesso chissà quante altre nefandezze che non ricordo al momento) oppure delle telenovelas pomeridiane, (quelle dove avvenenti matrigne tradiscono i mariti per trombare allegramente coi figliastri)? Di pomeriggio è probabile che ci siano più bambini che guardano la televisione da soli... Ma probabilmente di pomeriggio questi genitori modello sono sempre troppo occupati a combattere le loro fondamentali battaglie educative per accorgersi di ciò che la tv passa ordinariamente (a titolo esemplificativo: culi e tette sparati a profusione a tutte le ore, pubblicità con scoiattoli scoreggioni, orde di veline, ricuccini, lapi, lapislazzuli, lapidei
glutei ostentati tangamuniti e tutta l'altra immondizia quotidiana). Meglio rompere l'anima per un film di Kubrick... che può non piacere, ma è stato pur sempre un regista di riconosciuto valore.

...

Ma questi scherzano o fanno sul serio? Pare che non siano nuovi ad iniziative del genere. E la Stampa, la Repubblica e le agenzie giornalistiche perdono anche tempo a rilanciare le alzate d'ingegno di questi personaggi...

Intendiamoci, a me i Simpson piacciono molto, ma la moglie di Lovejoy non mi fa ridere nemmeno un po' se le sue fesserie da mamma apprensiva rimbalzano a valanga sui maggiori giornali e agenzie di stampa.

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11 agosto 2007

Porcelain God

È scoppiata da un paio di giorni la bomba: Valentino Rossi probabilmente è un evasore fiscale. Di quelli seri.
La notizia non colpisce tanto per l'entità dell'evaso o della sanzione comminata dall'erario: 112 milioni di euro a fronte di introiti non dichiarati per almeno 60 milioni di euro, che comportano una evasione fiscale di 43,7 milioni per Irpef, Irap e Iva, che è comunque una cifra stratosferica, quasi inimmaginabile per le persone normali. Una simile cifra si pronuncia senza poterne afferrare compiutamente il significato.
Non colpisce nemmeno la vastità dei beni dei quali si scopre che Valentino Rossi è proprietario. Insomma, in definitiva uno che è stato più volte campione del mondo del motomondiale, polverizzando una marea di record, si suppone che sia letteralmente pieno di soldi... panfili, appartamenti sfarzosi all'estero e in Italia, automobili lussuose a pioggia... Tutto ciò, pur senza saperlo, possiamo benissimo immaginarcelo. e non è mica un problema che sia davvero tanta roba. Se la merita, che diamine, siamo in un sistema capitalistico, ultimamente si porta molto il concetto di meritocrazia, ognuno guadagna proporzionalmente alle proprie possibilità, bla-bla-bla. Non siamo mica quei bacchettoni veterocomunisti della sinistra italiana, no?
No, la cosa che personalmente mi ha colpito di più non ha a che vedere con tutto questo, o per lo meno non direttamente.
La maggior parte degli italiani, pur non essendo patiti fan del motomondiale, ha seguito le gesta di Valentino Rossi con un certo interesse e partecipazione. Le motivazioni di questa attenzione sono plurime: senza dubbio le implicazioni campaniliste (Rossi è un italiano che si fa strada a livello mondiale in modo inarrestabile), l'innegabile carisma del personaggio, la sua simpatia, la sconvolgente bravura (quella vera che, pur essendo frutto di duri sacrifici, fa quasi sembrare semplice e scontato il raggiungimento della vittoria), l'atteggiamento di Valentino che è indubbiamente quello dei veri vincenti (anche se odio questa parola, fa sempre venire in mente quei corsi di formazione motivazionali da due soldi per venditori)...
Una delle cose che personalmente mi ha sempre affascinato del personaggio è l'aria da eterno ragazzino. Quando lo vedi alla televisione, coi capelli ricci e l'orecchino, te lo immagini senza difficoltà a fare le impennate con gli amici su un Fifty truccato per fare colpo su qualche sbarba, anche se ormai il nostro ha varcato la soglia dei trent'anni. Un campione del motomondiale che dà l'idea di poter essere uno di quei ragazzini che stazionano con gli amici al baretto a giocare a calciobalilla e poi, a mezzanotte, via in giro, a scegliersi la disco più adatta per cuccare.
Valentino ha sempre suggerito un'idea di naturalezza, di spontaneità, di semplicità. Spontaneità nelle dichiarazioni a fine gara (anche quando duellava a distanza con gli avversari di sempre mostrando grande maturità e lucidità), naturalezza nel vincere, nel comportamento, nelle battute... Un piccolo Peter Pan, che dà l'impressione di vincere non con la fatica e il sacrificio, ma quasi divertendosi. Un pilota capace di sorpassi incredibili, che giungono sempre al momento giusto, con apparente facilità, come se si trattasse di una garetta tra amici adolescenti sui cinquantini, improvvisata sulla strada per andare al mare in una mattina d'estate. La sua immagine, stampata nel nostro immaginario di sfigati che tirano la carretta col mutuo, concorda con il quadro delineato: in definitiva un ragazzo pulito, nonostante il successo e i soldi.
Scoprire che questo non è vero è la cosa che brucia di più.
Anche lui, purtroppo, se le notizie riportate dai giornali si dimostreranno fondate, sembra essere caduto nel meschino errore di tanti altri prima di lui. Pur guadagnando milioni di euro, avrebbe cercato non già di pagare meno tasse, ma di non pagarne affatto al proprio Paese. Il Paese con la cui bandiera Rossi si avvolge nel consueto giro d'onore a suggello di ogni vittoria. Il Paese il cui inno nazionale ha salutato tutti i suoi successi. Quello che, nelle domeniche del motomondiale, stava incollato davanti allo schermo a tifare per il ragazzino.
I dettagli della storia, per il resto, sanno di già visto: residenza fittizia all'estero; solito nugolo di società alle quali suddividere in mille rivoli gli introiti delle proprie attività sportive e correlate (sponsorizzazioni, gadgets per i fan, spot pubblicitari, ecc.) per nasconderle meglio al fisco; perfino un tentativo di ottenere il condono con il pagamento di una cifra irrisoria, praticamente uno sfregio...
Solo che dall'eterno ragazzino non ce lo si aspettava, non anche da questo supereroe col volto pulito. È come una pugnalata alla schiena.
Nemmeno lui era vero, alla fine.

Lo slogan di uno degli spot fatti da Valentino per una famosa marca di birra recitava: “C'è più gusto ad essere italiani”. Già, certo.
Salvo quando si tratta di fare il proprio dovere di cittadini.

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