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mauro paternò?!

28 novembre 2007

Vota Gabibbo!

Ho letto sui giornali alcune esperienze degli italiani che hanno avuto l’opportunità di andare a vivere all’estero e sono stato preso dallo sconforto, una sensazione diffusa tra è costretto a vivere in Italia in questi anni disgraziati.
Dopo cinque anni di governo berlusconiano, al termine della sbornia filoimprenditoriale ("li han convinti che saranno tutti imprenditori", sintetizzava efficacemente il buon Caparezza), con l'avvento di un governo di centro-sinistra, ci si aspettava non dico una rivoluzione, ma almeno un'inversione di rotta, sul terreno delle politiche sociali e del lavoro in particolare.
Ma essa non c'è stata.
La tendenza attuale è sempre quella di mantenere lo status quo, nessuna strada concreta è stata imboccata ai fini di una lotta efficace all'evasione fiscale (c'è troppa paura di inimicarsi il ceto imprenditoriale e libero professionale, che è rimasto comunque l'ago della bilancia per determinare la condotta dei nostri governanti) e chi continua a tirare la carretta di uno stato spendaccione è sempre e solo la classe media, sono i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, che non potendo fregare il fisco come gli altri devono continuare a lavorare in condizioni peggiori, ma sempre allo stesso stipendio.
V'è di più: la causa di tutti i mali della società è proprio individuata nei pubblici dipendenti, bersaglio facile abbandonato agli strali di dubbi personaggi che hanno fatto la propria fortuna personale sul sindacato. Nessuno dice la verità su un sistema clientelare nella gestione della cosa pubblica che ormai ha fatto metastasi, su una Pubblica Amministrazione sempre più in balia dei consulenti privati di nomina politica dagli onorari stellari: questi personaggi sono veri e propri dipendenti stabili della P.A., non dei liberi professionisti, in quanto le loro consulenze sono rinnovate di anno in anno e si protraggono all'indefinito a costi esorbitanti (mediamente un consulente costa quanto quattro funzionari laureati di quello che una volta era denominato "settimo livello"). Alla faccia dell'efficienza nell'amministrazione della cosa pubblica (e dell'imparzialità), si strapagano queste persone per svolgere compiti che potrebbero essere normalmente assolti dalle strutture esistenti.
In ambito politico si continuano a fare le stesse porcate di sempre, forse anche più di prima. Con il placet di una magistratura sonnacchiosa su certe tematiche, salvo qualche risveglio sporadico, che sembra avere luogo giusto per poter dire "stiamo lavorando". I pochi magistrati che scoperchiano qualche pentola sono rimossi o perseguitati con azioni disciplinari, esattamente come faceva il precedente governo (leggi: i recenti "problemi disciplinari" di De Magistris e Forleo).
L'intreccio fra politica e impresa, alla faccia della legalità nella gestione delle risorse pubbliche, è la norma a qualsiasi livello. Procedure ad evidenza pubblica vinte, chissà come, sempre dai "soliti noti" e nessuno che dica niente... ma anche le rare volte che queste cose sono riportate dalla stampa non succede granché: magari cade qualche testa (i pochi sacrificabili e quelli che proprio non riescono ad evitarlo) e poi non se ne parla più. I responsabili del settore pubblico collusi generalmente fanno un breve periodo di "sospensione" (in panchina agli arresti domiciliari) e poi, se tengono la bocca chiusa, sono premiati con nuovi incarichi. E si riprende come prima.
I dirigenti di nomina pubblica prendono centinaia di migliaia di euro l'anno per lasciare le grandi aziende di Stato (Trenitalia, Alitalia, ecc.) in condizioni peggiori di quando ne hanno preso le redini e non sono mai chiamati a rispondere dei propri errori, mentre il sacrificio per ripianare i disavanzi i politici lo pretendono dalla maggioranza di persone che non nuotano nell'oro ma lavorano con contratti scaduti da anni, sempre con la medesima retribuzione. I giornali lo dicono, la gente si incazza, transitoriamente, poi il giorno dopo torna a lavorare. A tirare la carretta.
Il mood generale è desolante: sembra che non ci sia speranza, che in Italia si debba continuare in questo modo sempre e comunque, che ci si debba abituare a tirare la cinghia, che si debba rinunciare sempre più alla sanità, alla sicurezza, a dei trasporti pubblici decenti, per farla breve a tutti i servizi che costituiscono la giustificazione dell’esistenza stessa dello Stato.
Come esempio, basti analizzare la situazione dei trasporti ferroviari. I governi italiani dal 2001 ad oggi non hanno ritenuto necessario adeguare le risorse trasferite alle Regioni per far fronte agli oneri derivanti dai contratti di servizio per il trasporto pubblico locale ferroviario. Nonostante l'inflazione e gli ulteriori aumenti dei costi dell'energia elettrica e del carburante, beninteso. I gestori per sopravvivere, naturalmente tagliano, e tagliano cosa? In primis i posti di lavoro, ovviamente, e poi i servizi: si risparmia sulla manutenzione, sull'acquisto di nuovi mezzi... la colpa è gettata addosso agli affidatari dei servizi di trasporto, naturale. Ma chi patisce l’effetto delle politiche superficiali ed errate è sempre il cittadino, sul quale sono scaricate in ultima istanza tutte le inefficienze. Si viaggia su treni sporchi, fatiscenti, scomodi e soprattutto perennemente in ritardo. In Veneto un recente studio ha evidenziato che i treni oggi hanno tempi di percorrenza più lunghi, a parità di tratta, rispetto a quelli del Ventennio (che andavano a vapore).
E si continua, senza soldi, ad andare al lavoro (in ritardo, certo) con lo stesso stipendio nonostante il passare degli anni (il rinnovo dei contratti collettivi nazionali nella P.A., nei trasporti, per i giornalisti, i medici è sempre rinviato con la giustificazione della mancanza dei fondi). Secondo una notizia della settimana passata si è verificata negli ultimi cinque anni una perdita del potere d’acquisto degli stipendi quantificata intorno ai 1.900 euro. Poi si lamentano che l’economia non gira...
Però chi ci governa predispone gli specchietti per le allodole, dandoci l’impressione di falso benessere: in finanziaria si istituiscono contributi per permetterci di comprare i televisori ultrapiatti.
Il senso dell’iniziativa è più o meno questo: “ti abbiamo dato anche un televisore LCD da 42 pollici, cosa rompi le balle?”
Ma uno che cosa se ne fa di un telefonino ipertecnologico a pochi euro se non ha i soldi per pagare le chiamate?
Sembra non ci sia altra alternativa e che si debba necessariamente pagare per scelte assunte dall'alto senza alcun ragionamento sui bisogni reali dei cittadini, indipendentemente dalla maggioranza che si trova al potere.

Non v’è differenza tra uno schieramento e l’altro, l’andazzo non cambia.

Scopriamo (l’acqua calda!) che negli anni del Governo Ad Oggi Più Lungo Nella Storia Della Repubblica i dirigenti delle reti di Stato si accordavano con quelle private (quasi tutte in mano allo stesso bizzarro e spregiudicato magnate) per “aggiustare” le notizie “scomode” e gettare nell’oblio quelle pericolose per la maggioranza allora al potere. Scandalo, articoli sui giornali, urla, strepiti all’inizio, ma adesso... si sente già un certo profumino di inciucio, tanto caro alla Prima come alla Seconda, disgraziata Repubblica. Con la scusa del dialogo sulla modifica della legge elettorale, l’impressione è che i politici di ambedue gli schieramenti si stiano accordando per “sistemare” anche questo problemuccio... Nessuno dei responsabili pagherà, l’esito è scontato. È sempre così.

E alcuni trovano sbagliato che la gente si affidi a comici che fanno qualunquismo come se fossero dei profeti. Che c’è di strano?

Se si presentasse alle politiche, voterei anche per il Gabibbo, pur di non rivedere queste facce al potere.

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04 novembre 2007

My Autumn

L'autunno ha fatto la sua comparsa sui Colli Euganei.
Sabato scorso, dopo un pranzo luculliano al Passo del Vento, ho fatto una passeggiata (digestiva) di qualche chilometro e per fortuna avevo con me la mia fida Canon Powershot A700.
Qui sotto i colori dell'autunno sui colli...


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