31 maggio 2011
26 gennaio 2011
Mangiare, sputare e altre italiche abitudini
Un delirante editoriale di Mario Sechi su Il Tempo (da leggere, se no non si capisce bene quanto segue) mi risveglia dal torpore invernale per parlare della querelle Saviano-Mondadori e, più in generale, sullo "sputare nel piatto in cui si mangia". Ma andiamo con ordine.
Attendo con ansia il giorno in cui l’italica destra abbandonerà la volgare e meschina abitudine di rinfacciare, a chi è “di sinistra” o si assume tale, i soldi che guadagna, come se che chi è di sinistra fosse geneticamente obbligato all’apostolato in povertà. È pratica disgustosa, ma oltremodo diffusa, purtroppo, nella destra di oggi. Proprio la destra che sostiene il libero mercato e la logica del guadagno. Ma questi sono i tempi, questo è il livello delle dispute letterarie e politiche.
Rinfacciare a Saviano e Camilleri di prendere soldi da Mondadori, quindi dall’odiato Berlusconi, è un controsenso. I soldi che uno scrittore guadagna provengono dalle tasche dei suoi lettori, con l’intermediazione dell’editore, che ne trattiene una cospicua parte. Saviano guadagna dalla pubblicazione della propria opera intellettuale e Mondadori, che ne stampa e pubblica i libri, si prende una bella fetta degli introiti per il disturbo.
Saviano è stato “creato, allevato, coccolato e meritatamente portato al successo dalla Mondadori”? Mica per amore: o meglio, per amore dei soldi. Saviano per Mondadori è un investimento. Molto redditizio, peraltro. Del resto, la “missione del business editoriale non è granché differente da quella di chi produce tondini di ferro: bisogna stampare buoni libri, venderne più possibile e fare utili”. È il capitalismo, bellezza. Di che si meraviglia Sechi?
In ultima analisi, è Mondadori che incassa lautissimi guadagni grazie a Saviano e Camilleri, ed è Mondadori che sputa sul piatto dal quale mangia, quando Marina Berlusconi se ne esce per motivi personali (riguardanti le numerose pendenze giudiziarie del padre) con improvvide dichiarazioni contro uno dei suoi scrittori più redditizi.
Saviano e Camilleri dovrebbero certamente porsi un problema di coscienza, ma la questione sta in questi termini: è giusto che Mondadori (e in ultima analisi, l’odiato Berlusconi) faccia soldi a palate grazie a me, o non è meglio che il mio lavoro faccia guadagnare un editore diverso?
Attendo con ansia il giorno in cui l’italica destra abbandonerà la volgare e meschina abitudine di rinfacciare, a chi è “di sinistra” o si assume tale, i soldi che guadagna, come se che chi è di sinistra fosse geneticamente obbligato all’apostolato in povertà. È pratica disgustosa, ma oltremodo diffusa, purtroppo, nella destra di oggi. Proprio la destra che sostiene il libero mercato e la logica del guadagno. Ma questi sono i tempi, questo è il livello delle dispute letterarie e politiche.
Rinfacciare a Saviano e Camilleri di prendere soldi da Mondadori, quindi dall’odiato Berlusconi, è un controsenso. I soldi che uno scrittore guadagna provengono dalle tasche dei suoi lettori, con l’intermediazione dell’editore, che ne trattiene una cospicua parte. Saviano guadagna dalla pubblicazione della propria opera intellettuale e Mondadori, che ne stampa e pubblica i libri, si prende una bella fetta degli introiti per il disturbo.
Saviano è stato “creato, allevato, coccolato e meritatamente portato al successo dalla Mondadori”? Mica per amore: o meglio, per amore dei soldi. Saviano per Mondadori è un investimento. Molto redditizio, peraltro. Del resto, la “missione del business editoriale non è granché differente da quella di chi produce tondini di ferro: bisogna stampare buoni libri, venderne più possibile e fare utili”. È il capitalismo, bellezza. Di che si meraviglia Sechi?
In ultima analisi, è Mondadori che incassa lautissimi guadagni grazie a Saviano e Camilleri, ed è Mondadori che sputa sul piatto dal quale mangia, quando Marina Berlusconi se ne esce per motivi personali (riguardanti le numerose pendenze giudiziarie del padre) con improvvide dichiarazioni contro uno dei suoi scrittori più redditizi.
Saviano e Camilleri dovrebbero certamente porsi un problema di coscienza, ma la questione sta in questi termini: è giusto che Mondadori (e in ultima analisi, l’odiato Berlusconi) faccia soldi a palate grazie a me, o non è meglio che il mio lavoro faccia guadagnare un editore diverso?
Iscriviti a:
Post (Atom)