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mauro paternò?!

12 ottobre 2005

Azienda un cavolo 2

Ritorno sul tema di un precedente post.
L’altra mattina ho partecipato ad una riunione tra i rappresentanti di alcuni enti locali (uno di questi era appaltante per la fornitura di un certo servizio), i rappresentanti dell’ente appaltatore (che ha in concreto la gestione di questo servizio) e i rappresentanti dell’ente gestore dell’infrastruttura necessaria alla prestazione del servizio.
Sottolineo preliminarmente che trattasi di servizio pubblico che, come tale, riveste una certa importanza e deve essere prestato al di sopra di un livello minimo - predeterminato mediante atti normativi degli enti locali di cui sopra. Bisogna premettere anche che, prima delle privatizzazioni, questo servizio era erogato direttamente dallo Stato, per mezzo di un ente pubblico costituito per tale scopo. La gestione, pertanto, non rispondeva perfettamente ai canoni dell’efficienza, essendo inevitabilmente affetta dagli sprechi, dalla lentezza e dalla burocrazia, fenomeni tipici dell’apparato statale. Ricorderete certamente tutti gli slogan di chi, assumendo il modello aziendale quale archetipo della gestione efficiente tout court, ne auspicava l’introduzione nello Stato, proprio per migliorare la gestione della cosa pubblica. Sono così stati privatizzati molti enti pubblici. Ciò anche allo scopo, certamente non trascurabile, di alleggerire le spalle dello Stato dagli oneri economici necessari per la prestazione di certi servizi.Proprio in quel periodo nasceva l’odiosissima, oltre che stupida, espressione “azienda Italia”, quasi che uno Stato fosse comparabile alla fabbrichetta del Sig. Brambilla.

Attualmente il servizio di cui si parla è prestato da una S.p.A., sia pure controllata dallo Stato.
Sono state eliminate davvero le inefficienze, con l’avvento della gestione di tipo aziendale?
Alla riunione di ieri è emerso che il gestore dell’infrastruttura (privato) ha operato una riduzione – sia pure legittimamente, in quanto non è andato al di sotto dei servizi minimi – di alcune prestazioni che hanno una immediata ricaduta sulla collettività, senza concordare alcunché con gli enti locali interessati, eliminando di fatto certe tipologie di servizi per alcune persone. In compenso non ha preventivamente concertato con le amministrazioni competenti alcuna misura per compensare la mancanza di fornitura di quel servizio, che configura comunque un danno sostanziale e sensibile per la comunità.
Senza scendere appieno nei profili procedurali, giova analizzare le ragioni di tale eliminazione: “era antieconomico fornire quel servizio” (sic). Chi se ne frega, diciamo noi: devi fornirlo per legge, compenserai con gli altri settori che hai in attivo, anche in considerazione del fatto che le tariffe si avvicinano ormai al prezzo d mercato, visti i continui adeguamenti applicati nel tentativo di aumentare i profitti il più possibile.
Ma l’amministratore delegato aveva già pronta la soluzione: “se ci tenete alla fornitura di quel particolare servizio in una certa zona, possiamo cedere gli impianti antieconomici in comodato agli enti locali, che si faranno carico di tutti i costi, di gestione e di manutenzione delle strutture, in modo da permettere la prosecuzione della fornitura del servizio da parte dell’appaltatore”. Che gentile.
Vediamo sostanzialmente che significa: di fronte ad uno Stato inefficiente e inadeguato (ma che forniva un certo servizio a una tariffa inferiore al prezzo reale di mercato) si decide la privatizzazione degli enti gestori dei servizi pubblici, ignorando le cassandre che pongono l’accento sull’inadeguatezza del privato a fornire tali servizi, essendo il funzionamento di un’azienda basato esclusivamente sulle logiche di profitto, inconciliabile con l’effettuazione di un servizio di pubblica utilità.
Alla prova dei fatti, il privato, ragionando in un’ottica di profitto, ha teso a ridurre il servizio, per eliminare i costi legati all’effettuazione di prestazioni poco remunerative, per massimizzare le entrate; però trattasi di servizio essenziale per la comunità: e allora?
Allora, se tu, ente locale, vuoi un servizio dal privato, devi tenerlo indenne dai costi – cosa che un’azienda dovrebbe riuscire fare da sola, se è efficiente. In pratica un servizio gestito (male) dallo Stato con oneri gravosi è stato trasferito a società "private" che lo gestiscono (altrettanto male): in più, queste ora ricattano la comunità perché si faccia carico degli oneri dovuti all’effettuazione del servizio, pena la cessazione del servizio stesso.
Gli oneri per il servizio, sono passati dallo Stato alle S.p.A. e adesso rimbalzano sugli enti locali – in ultima analisi, scaricati di nuovo sulla collettività. Alle S.p.A., gli introiti.
Che efficienza! Complimenti vivissimi!

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